martedì 18 marzo 2008

Aiutiamo il Popolo del Tibet!!




SOLIDARIETA' AL TIBET

L'esasperazione del popolo Tibetano nei confronti degli invasori cinesi è arrivata al culmine.
Una popolazione notoriamente conosciuta in tutto il mondo per la sua amabile e pacata riservatezza, per arrivare al punto di esplodere tutta la sua rabbia contro la potente Cina, come ha fatto il 14 marzo scorso con gli scontri a Lhasa (località del Tibet), vuol dire che è arrivata al suo limite massimo di sopportazione, e ce ne vuole!!!

Immagine: tibetani a terra deceduti nello scontro sferrato dai militari cinesi (fonte Tibetan Center for Human Rights and Democracy)



Purtroppo la noncuranza generale dei media, dovuta all'appoggio di sporchi interessi economici che molto spesso prevalgono sui diritti civili di un popolo (vedasi anche il silenzio sulla Birmania), non permette di far conoscere a fondo la triste realtà che sta attraversando questa povera gente; come al solito l'informazione è carente. La libertà è un bene sacro e il XXI secolo, che nell'immaginario collettivo sarebbe dovuto essere l'epoca delle astronavi, è ancora ben lontano dall'aver raggiunto un minimo di coscienza civile qui sulla Terra. Fortunatamente il Web offre l'opportunità di approfondire e capire meglio ciò che viene taciuto o nascosto per interesse o superficialità.

Nel 1949 l'armata cinese (con il benestare della Russia) invadeva il Tibet e, da allora, la sua popolazione è stata sottoposta ad ogni genere di vessazione e sopruso più o meno conosciuto dal resto del mondo.
Il Dalai Lama, principale esponente spirituale buddista del Tibet (come il Papa per i cristiani), per evitare di essere deportato dai cinesi, chiese asilo politico all'India, che lo accolse fino ai nostri giorni. Dall'India, il Dalai Lama, fu messo in condizione di poter esercitare un'opera di informazione internazionale e aiuto per le tristi condizioni di vita del suo popolo, costretto alla prepotente sottomissione della Cina.

Di seguito pubblico il contenuto di alcune mail speditemi da amici che ben illustrano il susseguirsi degli eventi che è sfociato nella violenza cinese:

"Dehra, 13 marzo 2008
Tenzin Tsundue, il noto poeta e attivista tibetano che aveva da tempo dichiarato la sua volontà di tornare in Tibet ed era tra i partecipanti alla "Marcia" è stato arrestato per primo e viene detenuto in un luogo sconosciuto mentre gli altri marciatori tibetani sono agli arresti in tre celle della stazione di polizia della cittadina di Jawalaji dopo essere stati portati via su cinque cellulari. I partecipanti alla "Marcia" non tibetani si trovano adesso all'esterno della stazione di polizia e hanno dichiarato uno sciopero della fame indefinito, chiedendo a tutti i tibetani -dentro e fuori il Tibet- così come agli amici del Tibet ovunque nel mondo di mobilitarsi immediatamente affinché gli arrestati siano subito rilasciati e la "Marcia Verso il Tibet" possa riprendere. Tutti qui sottolineano la grande importanza della mobilitazione e, soprattutto, della circolazione più estesa possibile delle immagini e delle notizie di quanto sta succedendo. La determinazione di tibetani e sostenitori è fortissima e gli avvenimenti di questi giorni stanno suscitando un'emozione e una volontà di lottare per la liberazione del Tibet che da tempo non si vedeva all'interno della comunità dei rifugiati. Giungono messaggi di solidarietà da tutto l'universo dei profughi, sia in India sia all'estero, e grazie ai telefoni portatili, alle trasmissioni radio e al passaparola, le notizie della "Marcia" riescono ad arrivare in Tibet dove sono accolte con entusiasmo come provano le manifestazioni di questi giorni. Adesso è importantissimo che continui, e se possibile cresca ancora di più, la capacità di far circolare il maggior numero di informazioni possibili sugli avvenimenti di questi giorni. Così come è fondamentale che nascano ovunque sia possibile, iniziative di appoggio e sostegno alla lotta dei marciatori e si chieda alle autorità indiane di consentire che una manifestazione pacifica, non violenta e che si ispira alla tradizione gandhiana possa continuare nella democratica India.

Karma C.

Dhera, distretto di Kangra, 13 marzo 2008
E' arrivata adesso la polizia in forze e ha arrestato tutti e cento i marciatori tibetani più una decina di sostenitori stranieri tra cui diverse donne. L'azione della polizia è stata molto decisa e ferma ma non ci sono state violenze contro i manifestanti. Al momento non abbiamo notizie su dove siano stati portati. I manifestanti si sono incatenati gli uni agli altri e non hanno opposto resistenza ma si sono limitati a gridere slogan inneggianti al Tibet e alla non violenza gandhiana. Mentre la marcia stava procedendo lungo la via che porta alla cittadina di Kangra, oltre un centinaio di poliziotti scesi da quattro pulmann hanno bloccato la strada e proceduto agli arresti. Ripeto, tutti e cento i marciatori tibetani sono stati portati via insieme ad oltre dieci sostenitori stranieri. Le cinque organizzazioni non governative hanno comunque fatto sapere che in località che non possiamo rivelare ci sono già altri volontari pronti a riprendere la "Marcia Verso il Tibet" che quindi non dovrebbe fermarsi ma riprendere. Mentre i marciatori venivano arrestati e portati via gridavano ai giornalisti presenti di scrivere la verità sulla situazione in Tibet e sulle condizioni di vita dei tibetani e continuare a informare il mondo di quanto sta succedendo.

Dhera, distretto di Kangra, 13 marzo 2008

Tra gli arrestati ci sono Lobsang Yeshi, uno dei tre coordinatori nazionali della "Marcia Verso il Tibet" e Choeying, coordinatore nazionale della sezione indiana di Students for Free Tibet.

(corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet" per: Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv);
Dossier Tibet (www.dossiertibet.it);
Associazione Italia-Tibet (www.italiatibet.org)"




"Centinaia di Tibetani arrestati nella notte durante i rastrellamenti della polizia. A Lhasa ci sono ancora sacche di resistenza. In molti edifici del centro storico vi sono giovani armati di bastoni, sassi e coltelli pronti ad affrontare i mitra della polizia comunista. Le prigioni (Laogai) Bomi, Powo Tramo, Chushur, Drapchi e Shengyebo sono stracolme di rivoltosi. 40 studenti picchiati ed arrestati in Marthang. La rivolta si è estesa a Labrang, le contee di Ngapa e Regbong e a tutta la regione dell'Amdo. Scontri e proteste sono registrati anche nelle vicine province cinesi dello Sichuan, Qinghai e Gansu. La censura Cinese, con la conscia complicità di una parte dei nostri mass media, fa uscire solo le immagini e le notizie che gli convengono. Presto l'attenzione dei media e le dichiarazioni di comodo dei nostri politici cesseranno in onore al dio profitto e al servizio del grande capitale. Si prepara quindi una nuova tragedia, un nuovo massacro, probabilmente peggio di quello di Piazza Tiananmen. Come nel caso della Birmania, dove si continua a morire e ad essere incarcerati in nome della libertà, calerà presto una cortina di ferro sul Tibet.

L'unica speranza per i studenti, lavoratori ed i monaci tibetani siamo noi ! Chiediamo a tutti di fare quello che possono. Il regime comunista cinese ed i loro complici in occidente vogliono che noi pensiamo che "..non possiamo fare nulla..." Falso !!! "

"Kathmandu', 17 marzo
Un nuovo ed orrendo genocidio sta avvenendo in Tibet in questi giorni.
I mezzi d'informazione non sanno, o non vogliono sapere, o hanno paura di sbilanciarsi, quello che sta accadendo realmente a Lhasa ed in tutto il Tibet. Quando parlano di circa 80 morti, o se citano le fonti cinesi parlano addirittura di 10 morti (!), non hanno idea di quanto siano lontani dalla realtà. Ora noi siamo a Kathmandu, Nepal; ieri, domenica 16 marzo, un nostro amico Tibetano è riuscito a parlare con suo fratello a Lhasa. Il fratello gli ha detto di aver assistito personalmente ad uno dei tanti massacri: UNA FOLLA DI CIRCA 300-400 TIBETANI E' STATA CIRCONDATA DALL'ESERCITO IN UN'AREA DIETRO IL POTALA ( L'ANTICA RESIDENZA DEL DALAI LAMA A LHASA), E LUI LI HA VISTI MASSACRARE TUTTI A MITRAGLIATE!!!
Se questo è un episodio, (che non sapremo mai dai media), quanti altri ne stanno accadendo in tutto il Tibet?
Ciò che viene riferito dai media è solo una frazione della realtà, è sempre cosi.
In Tibet si sta nuovamente consumando il tentativo di far tacere per sempre un popolo innocente, un popolo che non ha altro scopo che coltivare il proprio intento spirituale.
Una cultura unicamente devota alla Saggezza, e che ritiene la Compassione il potere più grande e definitivo.
Tutto ciò è percepito dal governo cinese, nella sua follia di potere e dominio, nella sua ottusità cieca e senza senso, come una grande minaccia. Per questo non hanno esitato, e non esiteranno, a farli tacere e distruggerli in ogni modo.

Vi prego di aiutare il Tibet con ogni mezzo, e di far sapere con tutto lo sforzo possibile da ognuno di noi, ciò che sta realmente accadendo. "

"Tibet in fiamme: Si estende la rivolta contro il regime coloniale cinese.
Le notizie fortunosamente raccolte oggi nel Tibet occupato parlano di decine di manifestazioni represse nel sangue e le vittime sono ormai centinaia. La rivolta ha raggiunto l'Amdo e il Kham e persino in Cina oggi gli studenti hanno inscenato manifestazioni in solidarietà con i giovani tibetani in rivolta.Perchè quelli che stanno affrontando a mani nude i blindati dell'esercito di ³liberazione²cinese sono in maggioranza giovani, sia laici che religiosi. Hanno capito che questa potrebbe essere l'ultima occasione per liberarsi del giogo cinese e non sono disposti ad arrendersi ai diktat dei collaborazionisti. Sanno infatti che le deportazioni in atto nel paese delle nevi ( 900.000 pastori nomadi e contadini deportati nei nuovi "villaggi socialisti") rappresentano la "soluzione finale" della questione tibetana. Sanno anche che il mondo libero li ha abbandonati e che non possono fare affidamento che sulle loro sole forze.
Oggi, prima di essere ucciso dalla polizia, un giovane monaco gridava "Ora o mai più!!".

Questo grido deve valere anche per noi. Questa è l'ultima occasione per dimostrare al mondo che non siamo disposti ad assistere impotenti all'ennesimo eccidio di chi chiede libertà e giustizia.


Oltre a gridare nelle piazze e nelle strade la nostra rabbia dobbiamo fare l'unica cosa che in questo momento potrebbe forse arginare la furia omicida degli autocrati di Pechino: boicottare i Giochi Olimpici!

Claudio Tecchio"

COSA SI PUO' E SI DEVE FARE


Supportiamo l'eroica resistenza del popolo Tibetano.

Uno dei principi fondamentali della Carta Olimpica recita:
"Qualunque forma di discriminazione nei confronti di paesi e persone per motivi razziali, religiosi, politici, di sesso e per altri aspetti è incompatibile con il Movimento Olimpico" (articolo 5)."

Come d'uso dal 1993, la Cina in quanto paese ospite delle Olimpiadi, lo scorso 31 ottobre ha introdotto una Risoluzione all'ONU dal titolo: "Costruire un mondo migliore e pacifico attraverso lo sport e gli ideali Olimpici" intesa a dare sostanza agli ideali Olimpici di pace, amicizia, comprensione globale: il fatto che proprio la Cina quest'anno abbia introdotto una tale Risoluzione è una lampante contraddizione con l'occupazione militare e la brutale repressione in Tibet.

Il Tibet come la Birmania: si stanno verificando gli stessi soprusi, la stessa soppressione delle libertà umane, civili e religiose. In Tibet, come in Birmania, le rivolte di massa sono guidate dai monaci buddhisti, saldando la componente religiosa della società a quella politica per chiedere un cambiamento di regime. Nei filmati d'archivio delle manifestazioni del 1988 in Tibet vediamo ovunque violenza, pestaggi, sangue, poliziotti che picchiano monaci, li prendono a bastonate, li trascinano fuori dai monasteri.

I monaci tibetani conoscono da tanto tempo la repressione militare. I carri armati dell'esercito cinese hanno iniziato la drammatica invasione del territorio tibetano sin dai primi anni '50, soffocando nel sangue l'eroica resistenza tibetana, e stroncando tutti i tentativi di dialogo.
La Cina è il principale partner economico, politico e militare della giunta dei generali di Rangoon. La Cina già controlla l'economia di tutto il nord della Birmania, dove addirittura la moneta corrente è lo Yuan cinese, i contratti di telefonia mobile si pagano a Pechino e non a Rangoon.

Spesso Tibet e Birmania, nell'immaginazione occidentale sono considerati paradisi turistici, luoghi d'evasione e di sogno, con la complicità dei mezzi di "distrazione di massa" e dei tour operator che incoraggiano un viaggiare inconsapevole purché lucroso.

Ma per i tibetani il loro è un Paese oppresso da più di mezzo secolo di brutale dittatura militare che reprime violentemente ogni forma di dissenso. I tibetani, sotto il regime cinese, sono privati di tutti quei diritti che diamo per scontati e garantiti, quali la libertà di parola e di assemblea. Chiunque venga sorpreso ad esercitare questi diritti viene messo in prigione.

A seguito della rivolta popolare di Lhasa del 1959, soffocata nel sangue, che ha visto l'esilio del Dalai Lama e di migliaia di tibetani, circa un milione e mezzo di tibetani sono morti per opera dei cinesi, in un'atroce campagna di pulizia etnica che passa anche attraverso il corpo delle donne tibetane, le quali sono sottoposte a sterilizzazioni di massa, e nel caso siano incinte ad aborti forzati operati da personale medico cinese. A tale scopo, nei villaggi più remoti dove non esistono strutture ambulatoriali in grado di effettuare tali pratiche scellerate, vengono inviati automezzi attrezzati con sale operatorie per effettuare sterilizzazioni e aborti forzati.

In Tibet il genocidio culturale (la distruzione delle università monastiche, dei templi e del patrimonio artistico-architettonico, assieme all'emarginazione linguistica) è oggi accompagnato da un etnocidio per diluizione tramite la politica colonialista del trasferimento di popolazione cinese di etnia Han, migrante dalla sovrappopolata Cina verso il Tetto del Mondo, rendendo così i tibetani una insignificante minoranza nel loro stesso territorio: i cinesi già superano numericamente i tibetani, 8 milioni contro 6 milioni.
La ferrovia Golmud - Lhasa, dal disastroso impatto ambientale, facilita questo processo che vede i tibetani discriminati e svantaggiati nello "sviluppo" e "modernizzazione" che stanno correntemente trasformando l'economia e il paesaggio tibetani, favorendo i coloni cinesi e affidando loro tutti i ruoli decisionali.

La repressione delle libertà religiose è arrivata a tal punto che il semplice possesso di una foto del Dalai Lama è considerato un crimine. Il reato d'opinione viene generalmente punito con imprigionamenti arbitrari, atroci torture fisiche e psichiche, condanne a morte. Il numero dei dissidenti in prigione in Cina sono però un "segreto di stato".

Non si può continuare a chiudere gli occhi davanti alle drammatiche violazioni dei Diritti Umani dei popoli tibetani e birmani, ma anche di quelli Uighuri, Mongoli, dello stesso popolo cinese Han, dei praticanti della Falun Gong, pur di non disturbare manovre e accordi economici con la Cina, in una totale mancanza di etica della politica e dell'economia.

Certo la Cina, paradiso terrestre del capitalismo, che di comunista ha solo il nome e il sistema di potere a partito unico, ha armi micidiali nella competizione globale e ha portato nel breve tempo grandi vantaggi alle multinazionali.
In questa corsa ai profitti gioca un ruolo determinante lo sfruttamento di manodopera a bassissimo costo o addirittura a costo zero (detenuti nei campi di concentramento detti LAOGAI costretti a lavori forzati, anche 15 ore al giorno senza adeguata alimentazione, moltissimi muoiono per la fatica e la denutrizione). In Tibet vi sono almeno 24 Laogai dove spesso i Tibetani vengono uccisi ed i loro organi venduti sul mercato nazionale ed internazionale degli organi umani!!!

La dilagante sudditanza da parte di numerosi governi occidentali, (primi fra tutti quello italiano, con il recente vergognoso episodio del rifiuto da parte del Presidente del Consiglio Romano Prodi di ricevere il Dalai Lama), è sostenuta o meglio imposta da quei potentati economici che fanno affari d'oro con la Cina, ignorando deliberatamente i principi di libertà, democrazia e rispetto dei più elementari diritti umani. Tale criminosa connivenza sta inoltre svalutando il valore degli operai a livello globale. Come sostiene Han Dongfang, sindacalista cinese arrestato e torturato nel 1989 "... nessuno può competere con la Cina, perché nessuno può competere con la totale mancanza di diritti".

La feroce repressione in Tibet e il genocidio sistematico e programmatico operato ai danni della sua popolazione, gli orrori della dittatura militare birmana largamente appoggiata e supportata dal governo cinese, il giro di vite sul terreno dei Diritti Umani e Civili....... Sta crescendo un sempre più consistente movimento di opinione pubblica a livello sia nazionale che internazionale per il boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino.


La Cina sta giocando nel nostro mondo, e noi dobbiamo farla giocare secondo le regole del nostro mondo a partire dal trattamento dignitoso dei lavoratori e dall'apertura delle comunicazioni, la libertà di espressione e di pensiero, l'auto-determinazione, l'abolizione della pena di morte.

In conclusione, va sottolineato il legame culturale tra il popolo tibetano e quello birmano, profondamente permeati dal messaggio del Buddha della Responsabilità Universale, dell'Interdipendenza Reciproca, entrambi conseguentemente portatori di una cultura politica globale di pace e dialogo.
Il problema del Tibet e quello della Birmania devono essere al centro di ogni incontro a livello internazionale.

Supportiamo con ogni mezzo l'eroica resistenza del popolo Tibetano, non permettiamo che la sua lotta guadagni per qualche tempo l'attenzione dei media per poi cadere nuovamente nell'oblio, come già accaduto in Birmania.

Non rimaniamo in silenzio. Perché il silenzio è sempre colpevole.


E' possibile inviare una e-mail di "Petizione" all'Ambasciatore Cinese in Italia (fac simile):

Sig. Ambasciatore Dong Jinyi
Ambasciata Cinese
Via Bruxelles, 56
00198 Roma Italia

Mail: chinaemb_it@mfa.gov.cn

Fax 0039 06 85352891

Oggetto: Libertà per il Popolo Tibetano

Esprimiamo la nostra preoccupazione per gli incresciosi fatti che stanno accadendo a Lhasa in Tibet con la feroce e ingiustificata repressione di manifestanti pacifici che chiedono il giusto riconoscimento del loro diritto all'Autonomia nella loro patria e terra Tibetana.

Chiediamo che la repressione cessi e che si apra un dialogo con le popolazioni locali per il riconoscimento dei loro diritti di vivere in pace e per il rispetto della loro cultura e tradizione.

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